Istanbul 2013. La rivolta di Gezi Park. La Primavera Araba. Era questo che ero andato a cercare lì.
Piazza Taksim, gli scontri tra i manifestanti e la polizia, i furgoni blindati, i ragazzi arrampicati in cima ai palazzi a sventolare fieri le loro bandiere.
E mentre cercavo tutto questo, ho trovato Istanbul.
Piazza Taksim era piena di giornalisti e io mi sono reso conto che quegli attimi di storia venivano già documentati istante dopo istante. Piano piano è stata la città stessa a trascinarmi via, tra le sue tante strade. Sono scivolato giù dalla collina, lungo il Bosforo e sui traghetti, in un via vai incessante tra i due continenti. Mi sono lasciato alle spalle le strade affollate di turisti e ho imboccato i vicoli più reconditi, quelli dei bimbi che giocano in strada, dei gatti, degli anziani che silenziosi osservano la vita che scorre. Ho scorto la vita di tutti i giorni, i piccoli gesti, le sfaccettature più ordinarie e sorprendenti di una metropoli dalle infinite sfumature, e all’improvviso la mia ricerca ha subito uno stravolgimento: l’ordinario ha sovrastato i fatti straordinari che stavano avvenendo in quei giorni e tra le mie immagini è penetrata l’anima della città stessa. Istanbul con i suoi profumi, i suoi colori, la sua routine, il convivere di due mondi.
Tutto questo è ciò che io ho scorto e che ho cercato di immortalare con lo sguardo di chi ama l’uomo e la sua semplice, ordinaria esistenza.